Ancora molti i misteri che ruotano intorno all’eredità della diva. A quasi un anno dalla scomparsa il tribunale sta sciogliendo gli ultimi nodi.
Sembrerebbe il rispettoso seguito di un copione, quello che si sta svolgendo da quasi un anno, dal fatidico scorso 16 gennaio, giorno in cui è venuta a mancare una delle ultime dive del cinema italiano, Gina Lollobrigida. Ovviamente per le numerose generazioni di pubblico che l’hanno adorata e seguita attraverso le pellicole entrate nella storia del grande cinema italiano, è l’inestimabile patrimonio artistico a lasciare fama e punte di elevato valore recitativo per gli spettatori dei decenni futuri.
La grande attrice, oltre alla sua lunghissima e intensa carriera cinematografica che l’ha resa nota in tutto il mondo, ha rappresentato uno dei protagonisti più in vista della cultura italiana del Novecento, proprio grazie al suo lavoro che l’ha portata a lavorare con registi del calibro di come Alessandro Blasetti, Vittorio De Sica, Pietro Germi, Alberto Lattuada, Carlo Lizzani, Mario Monicelli, Luigi Comencini e Mario Soldati. E questo soltanto sul fronte italiano.
Gina Lollobrigida è stata anche una delle prime star hollywoodiane provenienti fuori dal continente americano. Primato che ha potuto condividere soltanto con pochissime altre attrici italiane, di altrettanta fama internazionale, come Sophia Loren e Silvana Mangano. A dirigerla, i migliori punti di riferimento della settima arte fuori dai confini nazionali: John Huston, René Clair, Carol Reed, King Vidor, Jules Dassin, Jean Delannoy, Melvin Frank, John Sturges, Vincent Sherman e Robert Z. Leonard.
È sempre piacevole ricordare come la diva, nata a Subiaco il 4 luglio 1927, abbia inoltre iniziato, dagli anni Settanta una seconda carriera, da fotoreporter; ma anche una terza, da scultrice. La seconda, derivante dal rallentamento della sua carriera cinematografica, le ha consentito di intervistare personaggi della Storia del calibro di Fidel Castro. È inutile elencare gli innumerevoli premi ottenuti nel corso della sua vita, se non ricordando un Golden Globe; a lei è dedicata una stella nella Hollywood Walk of Fame.
Come le dive che si rispettino, la sua morte lascia tanto un vuoto nel patrimonio culturale del Paese quanto un notevole patrimonio mobiliare e immobiliare, oggetto della contesa giudiziaria in mano al Tribunale di Roma. È nota la sua maestosa dimora sull’Appia Antica, a Roma, ma si conosce anche il suo ricchissimo patrimonio in gioielli, di cui una parte è stata oggetto di un’asta di beneficenza nel 2010. Oggi, gli attori del tesoro della “Lollo” sono tre: il vedovo, lo spagnolo Javier Rigau, sposato segretamente nel 2011, a Barcellona; il factotum della diva, Andrea Piazzola; i familiari dell’attrice.
Si parla di un tesoro nascosto (probabilmente nel Principato di Monaco, dove Gina Lollobrigida aveva la residenza), camuffato dal Piazzolla, già condannato da una sentenza del Tribunale a tre anni in primo grado. Gli altri attori della vicenda vogliono inseguire questi beni nascosti, al punto da pagare una ricompensa a chiunque fornirò informazioni utili. L’accusa all’ultimo e molto più giovane compagno ascrive, come spesso succede in casi simili, la circonvenzione di incapace.
A quest’ultima, si aggiunge il raggiro e l’isolamento. Dalle affermazioni giornalistiche dell’imprenditore Rigau, la documentazione proveniente direttamente dal Principato rivelerebbe come metà del patrimonio sia stato dissipato in spese folli, come ville, aerei privati, auto e alberghi di lusso; dal conto della banca monegasca dell’attrice risulterebbero prelievi periodici di 40, 50, 60mila euro cash. Dopo la prima condanna, si annuncia un mega risarcimento da parte del Piazzola, pari a mezzo milione di euro, che verrà recuperato dal blocco della sua fetta ereditaria: la villa sull’Appia, i tre appartamenti romani vicino a Piazza di Spagna e il laboratorio di scultura a Pietrasanta. Inoltre, il ricavato di 4 milioni di euro scaturito dall’asta benefica dei suoi gioielli non sono mai arrivati alla Fondazione Voa Voa, titolare del progetto umanitario che doveva essere finanziato con la vendita stessa dei gioielli.
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