Ecco quali sono le tasse che si trovano in qualsiasi forma di reddito percepito, ma non mancano le eccezioni dove si paga il lordo indicato nei cedolini
Negli ultimi mesi sono entrate a pieno regime tutte le misure dedicate alla rivalutazione dei cedolini relativi alle pensioni erogate dall’Inps. Queste hanno permesso ai pensionati di ricevere ratei in misura conforme all’attuale livello di inflazione, rimasto comunque alto dopo l’exploit a due cifre poco dopo lo scoppio della crisi del gas e il seguente, lento ridimensionamento. Questa fase è stata fondamentale per non far crollare i consumi, nonostante il potere d’acquisto sia diminuito.
L’adeguamento Istat è stato anticipato per una quota percentuale all’anno precedente rispetto a quello previsto dalle norme di legge, mentre dopo l’applicazione, le questioni legate alla disponibilità del credito nelle casse Inps hanno ritardato l’effettiva consegna delle integrazioni nei confronti di una cospicua parte di percettori, come quelli delle pensioni minime. La rivalutazione anche nelle minime, tramite un doppio indice i cui reali beneficiari sono i soggetti sopra i 75 anni di età, riceventi un rateo mensile da quasi 600 euro, è stata seguita da ulteriori aggiustamenti dovuti ai conguagli.
Quante sono le trattenute principali sulle pensioni
Oltre l’inflazione, le verifiche previdenziali esprimono, dal canto loro, altri tipi di ostacoli (anche se si dovrebbe chiamarli fattori): ossia criteri specificatamente anagrafici e soprattutto le più recenti acquisizioni sulle variazioni dei redditi familiari. In generale, pochi sono stati i conguagli negativi che hanno richiesto la restituzione di somme indebite. Ma sulle pensioni, gravano anche pesi di ordine tributario: in primis, la dichiarazione dei redditi e le trattenute.
L’Irpef rappresenta la tassa quasi del tutto inevitabile. L’applicazione avviene per scaglioni secondo le aliquote ordinarie del reddito (al 2023): 23% sui redditi fino a 15mila euro; 25%, per i redditi tra 25mila e 28mila euro; 35%, tra 28mila e 50mila di reddito annuo; 43%, sui redditi oltre 50mila euro. Non mancano però quei casi in cui la tassazione non viene applicata. Ecco perché.
Quali pensionati sono esclusi dalla tassazione
I casi che costituiscono un’eccezione sull’applicazione non vengono esentati con forme di conguaglio quanto piuttosto con il principio di esclusione a priori. Innanzitutto, le prime ad essere coinvolte sono le prestazioni assistenziali, seguite poi da quelle previdenziali. Sul fronte previdenziale, l’esclusione ha luogo poiché il reddito registrato è inferiore alla soglia stabilita.
Questo fa sì che il pensionato possa osservare un fenomeno non certo frequente, ovverosia che la somma percepita, di solito il netto, corrisponda esattamente all’importo lordo indicato nel cedolino Inps. La No tax area è prevista per i redditi fino a 8.500 euro all’anno. In altre parole, tra le prestazione non decurtate della tassazione, si trovano alcune delle suddette pensioni minime: più o meno fino ad un assegno mensile fino a 653,84 euro, per tredici mensilità. Basta però percepire la 14esima rata per superare lo scoglio degli 8.500 euro e applicare la tassazione.